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Carlo Michelstaedter scrisse il "Dialogo della salute" nel 1910, mentre lavorava alla stesura della tesi di laurea, e lo concluse il 7 ottobre. Dieci giorni dopo si sarebbe tolta la vita. Cosa può significare riflettere, dialogando socraticamente, sulla salute trovandosi nel contempo in prossimità di una morte volontaria? Non si creda che Michelstaedter, nelle sue pagine, irrida il nostro "stato mortale", come sembra fare il custode del cimitero nella pagina che apre il Dialogo. Piuttosto egli c'invita a essere pienamente noi stessi ritrovando la verità profonda della nostra esistenza: chi ha la "salute" può guardare in faccia persino la morte, la quale "di fronte a lui è senz'armi". Perché l'oscurità, per lui, "si fende in una scia luminosa", ed egli "sa godere la luce del sole".