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Nel saggio "Sulla poesia ingenua e sentimentale", pubblicato tra il 1795 e il 1796, Schiller completa quel suo percorso estetico che vede al centro, nella rilettura originale di alcuni temi kantiani, le questioni della poesia, della natura, del tragico, del sublime e della grazia. Questo scritto ha un profondo significato "simbolico" nel lavoro schilleriano: è infatti non solo l'ultimo dei saggi dedicati ai temi dell'arte e della poesia, ma segna anche quello che lui stesso chiama un "congedo dalla teoria ". Proprio per tale motivo, è uno scritto che risulta essere in profonda sintonia con la sua produzione "estetica" precedente, di cui è quasi un organico "completamento". Ebbe infatti una grande risonanza e un immediato successo. Successo ovviamente favorito dallo "schema" generale dello scritto, che si innesta sia sulla già utilizzata capacità schilleriana di costruire il suo pensiero su fortunate "coppie" concettuali, sia sul richiamo a una polemica culturale precedente, la secentesca Querelle tra Antichi e Moderni che viene più o meno esplicitamente "riattivata". Infatti il termine "ingenuo" deriva dagli "effetti" di quella antica e fortunata polemica, dal momento che venne utilizzata dal suo fondatore Charles Perrault e più volte ripresa nel corso del Settecento, in particolare francese.