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"Schad è stato uno dei maggiori ritrattisti del ventesimo secolo, non perché ha dipinto molti ritratti ma perché ha ritratto il secolo. I suoi volti senza sorriso che non nascono per essere osservati ma per osservare e che, silenziosamente, mettono sotto accusa la storia e la vita, sono una metafora del Novecento. Per questo Schad ha dipinto soprattutto ritratti: perché i suoi ritratti contengono quanto si deve sapere non su una persona ma su un'epoca. Pochi particolari e un abisso separano le sue figure dai protagonisti dei quadri quattro-cinquecenteschi a cui stilisticamente si riallacciano. Anche i personaggi più alteri di Raffaello o del Bronzino, superbi della loro condizione e del loro potere, risultano più affabili e di miglior umore rispetto a loro. In Lola o in Lotte, in Felix Bryk o in Frieda Cornelius c'è invece qualcosa che non ci invita a conoscerli: una gravità che li sovrasta e, insieme, una amarezza, una vulnerabilità, una psicologia indifesa e indifendibile che avrebbe bisogno di aiuto, eppure rifiuta ogni pietà, ogni compassione schopenhaueriana. Si possono commettere due errori nell'interpretare i ritratti di Schad, soprattutto della sua stagione più alta che va dal 1923 al 1930. Il primo è collegarli solo alla storia tedesca, dallo sfacelo dell'Impero al crollo di Weimar, e pensare che esprimano solo quella cronaca tragica, quel 'noi non potemmo essere gentili' di cui parlava Brecht."