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Era inevitabile che l'opera figurativa di Philipp Otto Runge (1777-1810) - con Caspar David Friedrich tra i più grandi pittori romantici - mettesse in ombra i suoi fondamentali scritti sul colore. Era altrettanto inevitabile che tali scritti fossero messi in ombra dalla contemporanea "Teoria dei colori" di Goethe (che peraltro deve molto alle tesi di Runge) e alle riflessioni sullo stesso tema di Arthur Schopenhauer (in questa stessa collana, nel volume "La vista e i colori e carteggio con Goethe"). Era infine inevitabile che la reazione al romanticismo mettesse in ombra tali ricerche, e non solo quelle di Runge. Solo nel Novecento, e soprattutto in quella grandiosa fucina che fu il Bauhaus, le problematiche sul colore vennero riprese e approfondite, e l'opera teorica di Runge trovò il pieno riscatto. "Noi pittori" scrive Paul Klee "non siamo un'industria coloristica né una tintoria chimica. Dobbiamo essere liberi e disporre di tutte le possibilità. La teoria di Philipp Otto Runge, la sua meravigliosa 'Sfera dei colori', la sua visione simbolica, altamente spirituale, rappresentano un insegnamento per noi e per tutta la pittura a venire".