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Il pianeta Pirandello si presta, nella sua multiforme e complessa struttura, a molteplici scavi nelle più varie direzioni, e continua a offrire possibilità di scoperte e nuove interpretazioni. Angelo R. Pupino torna a occuparsi dell'autore girgentino dopo "Pirandello o l'arte della dissonanza" (2008): e torna a farlo assumendo ancora la prospettiva privilegiata dell'umorismo in quanto sindrome di modernità. Il nuovo volume svolge lucidamente, per nuclei tematici cruciali, una serrata analisi della poetica pirandelliana, quale si desume sia dai testi di finzione che da quelli saggistici, soprattutto dal capitale lavoro del 1908, L'umorismo, qui finalmente preso in considerazione nelle sue due edizioni. Gli scarti tra di esse, significativi e cospicui, documentano la dinamicità di una concezione che, esercitata precocemente d'istinto, andò poi definendosi e modificandosi nel tempo, anche per rispondere alle obiezioni (talvolta non senza fondamento) subito avanzate da Croce. L'originale lettura di Pupino illumina la doppia "anima", ambiguamente filosofica non meno che letteraria, ascritta non di rado a Pirandello. Se infatti egli è piuttosto letterato che filosofo, nondimeno ebbe a compiacersi di esser reputato anche filosofo, pur non possedendone appieno le competenze (da cui le molte riserve sul suo pensiero avanzate al tempo da più parti).