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È un libro curioso, questo di Giacomo Scalfari. I suoi racconti sono popolati di uomini cosmici, archeologhe russe, cavalieri erranti, saggi vegliardi e bamboccioni indolenti. È un libro fantasioso e straniato, dove capita di incontrare il dio Thor in persona seduto su una panchina, dove sogni ricorrenti e a volte un po' angoscianti tentano di invadere una realtà che si rivela troppo ristretta per contenerli, dove alienazione e inadeguatezza sono sconfitte a colpi di penna. Ci parla di malesseri che attanagliano senza ragione e che senza ragione si dissolvono, di occasioni irripetibili irrimediabilmente sprecate, di castelli in rovina e di armature a brandelli: armate fantasma che si possono affrontare con la sola arma, efficacissima, dell'ironia.