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Come in una danza corale e armoniosa, il lettore è accompagnato in un mondo lontano e culturalmente diverso, la Venezia aristocratica del Settecento, in cui l'universo femminile, colto nella sua forza espressiva e nelle sue fragilità, ne connota in modo originale la vita sociale e politica. In esso si afferma un costume controverso e apparentemente paradossale come il serventismo. Sono chiamati cavalieri serventi o, per sottolinearne la derisione sociale, cicisbei, quei giovani nobili celibi che offrono il proprio servizio alle dame con il consenso dei mariti. Al di là del ridondante gioco di seduzione tra i sessi, dei pregiudizi e delle certezze di cui si è prodigalmente alimentata la successiva società otto-novecentesca, il saggio rappresenta il risultato di un'ampia rivisitazione storico-culturale del tempo, dell'assetto istituzionale e delle sue strutture, quali il matrimonio e la famiglia, ambiti in cui la presenza del cavalier servente si consolida, accolta dall'aristocrazia e mai censurata dal potere.