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Entrare dentro l'immagine dei registi che hanno fatto grande il cinema italiano. È il tentativo di questo libro. Tanti elementi decidono l'immagine: caratteri, manie, impellenze vitali; ma ce n'è uno di fondo che l'attraversa dagli esordi alla fine di una carriera. Avviene così nell'immagine autoptica di Rossellini, in quella antropologica di Visconti, in quella amorosa di De Sica, in quella tecnica di Antonioni, in quella simbolica di Fellini, in quella feticista di Pasolini. Accanto ai massimi autori d'immagini c'è il ritratto di un attore unico, Alberto Sordi, eseguito nell'incrociarsi della storia dell'arte - la branca che indaga la smorfia delle maschere e dei mascheroni - e del ramo delle neuroscienze che spiega l'istinto di imitare (e recitare), base della cultura e dell'arte. Eduardo De Filippo è inquadrato nella luce e nell'ombra dei suoi lavori multimediali di scrittore, attore, regista di teatro, cinema e tv. La divisione delle sue opere in commedie dei "giorni pari" e dei "giorni dispari", ovvero del passato e del presente, appartiene a una scansione essenziale che incrocia tutti i nostri autori. E il passaggio da un paese antico, ancora segnato dai valori della terra, a un paese industrialmente sviluppato. Si va dall'immediato secondo dopoguerra del Novecento, marcato dal rosselliniano Paisà (1946), fino alla favola crudele del pasoliniano Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), che prevede anche il futuro, cioè - nello spettacolo e nella vita - la spinosa attualità.