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Aperto da un prologo dichiaratamente apocrifo, anche per il violento linguaggio adoperato, Moremò, o il presunto tale, parla della sua nascita e della sua famiglia, in particolare della madre: donna nevrotica, volgare, con un passato trascorso tra collegi, strada e manicomio. All'età di cinque anni, dopo essersi trasferito in provincia di Napoli e aver fatto amicizia con un vecchio nobile e dei bambini, decide di diventare vecchio. Ci riuscirà misteriosamente quando, durante l'evacuazione della zona, sfuggirà al controllo dei genitori rifugiandosi in un palazzo abbandonato. Resterà presto vittima di un camorrista, che lo costringerà a fare da custode ai cadaveri che egli getta nel pozzo. Dei bambini scopriranno che il suo sangue è capace di compiere miracoli e si trasformerà così in un fenomeno religioso. Con il terremoto del 1980 Moremò, salvo per caso, viene internato in un terribile ospizio-lager. Ma anche da qui, ormai vecchissimo, dovrà andare via, per ritrovarsi, da solo, in strada.