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Algeri, primi dell'Ottocento. Ancora nel bel mezzo delle guerre napoleoniche la città che da secoli è il più temibile covo di pirati dell'intero Mediterraneo chiude tra le sue mura centinaia di schiavi. Tra di loro un giorno arriva anche Filippo Pananti, toscano del Mugello, poeta che sarà sepolto tra i Grandi d'Italia in Santa Croce e salutato come il più grande epigrammista italiano per i suoi versi impertinenti, se non licenziosi. A lui tocca in sorte di essere uno degli ultimi cristiani catturati dai pirati ma anche uno dei primi occidentali dell'epoca moderna a raccontare il Maghreb e l'Islam. Il suo libro, all'epoca fortunatissimo, richiama sorprendentemente situazioni e problematiche per noi di drammatica attualità.