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Alla grande stagione della filologia tedesca di inizio Ottocento siamo debitori della fondamentale intuizione che va sotto il nome convenzionale di "metodo del Lachmann", il sistema di norme che chiarisce i rapporti tra gli esemplari manoscritti di un'opera e tenta la ricostruzione del suo "archetipo". Un altro importante portato di quegli stessi anni è il tentativo di ritrovare quei "versi" della poesia melica greca classica che gli esemplari antichi e medievali non permettevano più di intravvedere con chiarezza, presentandone i testi ora in scrittura continua, ora, dopo gli interventi della filologia ellenistica, ripartiti in sequenze più brevi, i cola, con una suddivisione che è sopravvissuta sino alla fine del Settecento. Da questo filone di studi emerge il cosiddetto "metodo di Böckh", dal nome del filologo che lo ha formulato (1809-1811). Questo libro intende ripercorrere il dibattito coevo, in cui spiccano le figure di G. Hermann e C. Ahlwardt e studiare le vicissitudini del metodo, soprattutto dopo lo snodo fondamentale rappresentato, nel primo Novecento, dalle interpretazioni che ne ha offerto Paul Maas.