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Questo saggio mette a fuoco il primo Novecento e gli echi dello smisurato conflitto del '14-'18, una fase storica che si rivelò decisiva per la sopravvivenza stessa della Confederazione: sono gli anni che dalla "belle époque" sfociano nella crisi di luglio e nelle mobilitazioni generali, un improvviso cortocircuito diplomatico-militare che getterà l'Europa nella fornace di uno scontro mai visto prima. Periodo di un crescente sfilacciamento interno: tra regioni linguistiche in primis, con un Ticino che soltanto alla fine del 1911 riavrà un suo Consigliere federale, Giuseppe Motta, dopo quasi un cinquantennio di assenza. Alcuni politici si chiesero se "valesse ancora la pena di rimanere svizzeri". Già allora emersero dubbi e interrogativi fondamentali sull'"indole" dei ticinesi, sul loro grado di fedeltà alla Berna federale e sulla tenuta della loro italianità, dentro un contesto internazionale gravido di tensioni e sedotto da teorie nazionalistiche sempre più aggressive. Prefazione di Francesca Rigotti.