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Le sette "Satire", scritte dal 1517 al 1525 a parenti e amici nel corso della seconda stesura dell'"Orlando Furioso", col loro pacato andamento dialogico mostrano un Ariosto confidenziale e autoanalitico. Che si tratti di rivolgersi agli amici lontani in Ungheria, di ripercorrere i suoi guai passati come segretario sottovalutato del Cardinale Ippolito d'Este, di apprezzare il margine di autonomia che il nuovo lavoro gli consente, o ancora di chiedere consigli a Pietro Bembo per trovare un adeguato precettore per il figlio o infine di riflettere su vantaggi e svantaggi del prendere moglie, Ariosto sa trovare spunti di arguzia. E con lui la satira smette di essere predica e invettiva per assumere un andamento affabile, privo di enfasi.