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Maria Federici (1899-1984), presidente del Centro Italiano Femminile (CIF) dalla fondazione al 1950, fu tra le poche donne elette all'Assemblea Costituente, dove ebbe un ruolo di rilievo nell'affermare i diritti delle donne, senza timore di trovarsi, su questi temi, in accordo con le rappresentanti del Partito Comunista. Il suo CIF si inquadrava in un progetto di conquista (o di riconquista) religiosa della società civile attraverso la democrazia. Per questo scopo occorrevano strumenti nuovi come il CIF al fine di avvicinare donne che non avrebbero aderito alle forme associative cattoliche tradizionali. Sotto la sua guida il CIF svolse anche un'azione di supplenza nel campo della beneficenza e dell'assistenza (basti pensare al problema dei profughi, dei militari rimpatriati e all'organizzazione delle colonie estive per i fanciulli), agendo, come lo stesso De Gasperi riconobbe, là dove lo Stato non aveva i mezzi per intervenire. Per tutto questo il ruolo di Maria Federici, ingiustamente trascurato fino ad ora dalla storiografia, merita di essere adeguatamente conosciuto.