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Allineando le parti di un'ideale messa di requiem (negli occhi il grande affresco michelangiolesco, nell'anima la musica di Mozart e di Verdi) la Gnemmi conduce una dolorosa, straziata meditazione sul male della storia, con lo sguardo tuttavia rivolto allo sfolgorante ritorno finale del «giusto indifesa follia che disarma, apre i cuori, perdona ai fratelli caini, sacrificio riparatore».