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Le lettere che Giacomo Leopardi invia alla sorella Paolina dal 1822 al 1835, reticenti sui sentimenti che lo legano a lei, perché a suo avviso sono così evidenti da non avere bisogno dell'inadeguatezza delle parole, tendono ad esprimere una complicità intellettuale e un riconoscimento di valore tanto più interessante quanto più raro, in quegli anni e oltre, nei discorsi maschili sulle facoltà femminili. Giacomo, sin dalle prime battute, si ritaglia un ruolo di precettore a distanza, affinché l'esperienza personale dell'"altrove" - un disinganno, una verifica delle illusioni dell'immaginazione - possa funzionare anche per Paolina, costretta alla clausura recanatese, per porre argine ai sogni e invito a non aspettarsi improbabili risarcimenti oltre i confini delle Marche. Introduzione di Mariella Muscariello. Nota di Franco Foschi.