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In difesa di Leopardi, bersaglio a tre anni dalla morte di polemiche e accuse di empietà accoppiate alla gesuitica leggenda di un finale pentimento, l'amico Giordani testimoniò nel 1840 che "la sua religione, come la sua letteratura" era non sacrilega bensì "diversa" da quella dei suoi avversari. "L'ordine dei fati e altri argomenti della 'religione' di Leopardi" indaga tale diversità intorno alla quale si osteggiarono, anche per assoggettarla ai loro propositi, classicisti e romantici od opposte schiere confessionali e laiche. Dopo un lungo percorso di studi leopardiani (e una biografia del poeta che ha avuto echi all'estero) Rolando Damiani tratta con un taglio originale la questione, divenuta spesso una pietra d'inciampo per gli interpreti, dell'abbandono della dogmatica cattolica, preliminare nel giovane erudito recanatese, per una "conversione" non solo alla filosofia e alla poesia, ma anche a una sapienza vivificata da idee basilari della tradizione classica e cristiana. I capitoli del libro ne tracciano una mappa, indagando il potere del fato su dei e uomini, narrato come mito genesiaco nella "Storia del genere umano", o l'annuncio del "mondo nemico del bene" portato dal Cristo, al centro di due note del 1820-21 rifluite nella raccolta dei "Pensieri" allestita dal poeta sul finire della vita, o la sua inesausta esegesi della noia quale "vuoto dell'anima", o ancora il particolare culto della Luna instaurato in Canti e Operette quando ormai i culti svanivano.