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Anna Maria Ortese è riuscita con la sola forza della parola a darci una diversa visione del mondo, a farcene percepire le mancanze, le assenze, le ipocrisie, ma anche le possibilità e i miracoli. Attraverso il realismo magico e il fantastico per arrivare poi ad una forma di realismo "emancipato" rispetto alla tradizione letteraria, Ortese rivisita e trasforma, nel suo percorso poetico, tutti i generi letterari. Il reportage diventa visione senza perdere l'effetto dirompente della denuncia; la fiaba si muta in pretesto per fare letteratura ecologico/femminista ante luterani. L'autobiografia si trasforma apertamente in invenzione e si ricostruisce continuamente in direzione della vita che si vorrebbe e si ha diritto a vivere; il romanzo giallo rompe gli schemi e, rinunciando a trovare il colpevole, diviene riflessione etico-filosofica che si apre ai temi della politica, della violenza e del terrorismo. Il ribrezzo per la "scoria" della realtà si trasforma sempre, in Ortese, in desiderio di pervenire all'autentica essenza del reale: questa l'eredità che la scrittrice ci ha lasciato e che, alla vigilia del centenario della sua nascita (14 giugno 1914), è necessario riconoscere.