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Il papà è morto, dice la mamma, ha le guance rosse e il naso duro e dilatato; gli occhi, verdi e blu, sporgono dalle vene ramificate come una mora alta e intoccabile nel roveto. La donna abbraccia il figlio di nove anni, non piange, la camera del bambino ha le pareti bianche e il pavimento è ricoperto da un tappeto rosso. La donna abbandona il bambino e barcolla, come se il piccolo fosse una maniglia di pietra, il solo punto paziente al mondo, esce dalla stanza, sbatte il braccio contro la porta della cucina. Non guaisce, come le bestie, il dolore riduce a bestie. Ma il figlio pensa che il dolore è simile alla gioia, purifica e rende la madre più bella. La finestra della camera, lunga quasi quanto il muro, sembra un cavallo grigio, spietato, pensa il bambino, e accarezza il vetro, alzando il braccio sopra la testa, come se fosse il muso della bestia - vuoi portarmi nella terra dei morti?