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Alcuni artefatti cognitivi che originano dall'antropologia, o hanno stimolato le riflessioni antropologiche, possono essere antropomorfizzati, cioè trattati alla stregua di esseri animati dotati di una irrinunciabile vitalità, di un'autonomia di azione che ne tesse la storia comune. I concetti di apprendimento situato e di comunità di pratica, le retoriche della partecipazione sottese agli esperimenti di "coltivazione" che ne derivano; così come il discorso sulla società civile, sullo sviluppo, sui saperi nativi, il concetto di emergenza umanitaria (nel trinomio in cui si articola: emergenza-urgenza-ingerenza), l'uso strategico dei diritti umani... Grazie al contributo di diversi studiosi del panorama italiano e internazionale il testo si interroga su come operano concretamente questi repertori di idee quando vengono incorporati nelle pratiche sociali. A quali network danno vita? Quali strategie di arruolamento o di manipolazione mettono in moto? Quali attori ne fanno più uso, e che tipo di professionalità concorrono a legittimarne l'attualizzazione? Quali dinamiche di apprendimento e circolazione del sapere sollecitano e con quali effetti? Nel rispondere a questi interrogativi il libro offre lo spunto per ragionare sull'effettiva utilità e praticabilità di uno sguardo antropologico - consapevole, il più possibile interno e immancabilmente analitico - rivolto a contesti professionali e sistemi organizzativi che aspirano a promuovere innovazione e cambiamento sociale.