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Quella di Orioli fu una vita fatta di "incontri straordinari": fu con D'Annunzio in Fiume occupata, conobbe Tristan Tzara, fondatore del dadaismo, era commensale abituale alle cene in trattoria con Eugenio Montale e altri poeti, le gite a Siena con Aldous Huxley... Orioli fu un uomo del suo tempo: avventuroso (da cui il titolo perfettamente calzante del suo libro), grande viaggiatore (spesso a piedi per paesini, musei e chiese sperdute alla ricerca dell'in-folio introvabile), spregiudicato, con una filosofia esistenziale sfrontatamente scanzonata e anticonformista per amori, frequentazioni e intraprese commerciali. Quando, infine, si arriva all'ultima pagina e si legge «non mi dispiacerebbe rivivere questa mia vita...», bisogna ricordare che egli morì in piena guerra, lontano dall'amata Italia, a Lisbona, a soli 58 anni, abbandonato da tutti, in solitudine e povertà, assistito solo dal fedele aiutante Carletto.