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"Le Aquile della steppa" nella prima versione stampata, tra il 1905 e il 1906, su quel mitico "Giornale per tutti" che è "Per terra e per mare", edito dal tedesco Donath, attivo in quel di Genova, e diretto dal "Capitano" Emilio Salgari (eccezion fatta per alcuni numeri alla fine del rapporto professionale). Dove ci portano "Le Aquile della steppa?" Difficile dirlo, perché è difficile fare il punto della situazione a livello storico e anche geocritico. Dovremmo essere quasi 'in presa diretta', nella seconda metà del XIX secolo, in una regione estesa dell'Asia centrale, l'ex Turkestan: una sorta di ponte fra Occidente ed Oriente, fra le popolazioni assoggettate ai russi tra la fine degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta e quelle che ancora resistono all'"avida zampa dell'orso moscovita" a metà degli anni Settanta, nutrendo un po' tutte "vecchi rancori contro gli occidentali". D'altro canto, fin dall'inizio, si avverte l'insorgenza, non così implicita, di un Oriente altro, quasi da Mille e una notte; un Oriente più infingardo che lirico, un Oriente che cela pericolose trappole dietro i suoi cantori. Ma l'importante è che anch'esso sostenga un canovaccio narrativo con classica 'storia d'amore a ostacoli': lei, quasi ancora una bambina, è rapita, lui, per riaverla, ne passa di tutti i colori.