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Il piano complessivo dell'opera si articola in due tomi, tra loro strutturalmente collegati. Il primo, qui presentato, costituisce una vera e propria storia dell'arte nell'Italia del Seicento, in cui la capitale del Viceregno spagnolo, Napoli, appare in competizione e in dialogo costanti con Roma e con l'altro polo spagnolo in Italia, il ducato di Milano. Singolarmente attivo è il ruolo giocato per quasi quarant'anni da Pescocostanzo, località posta in posizione strategica tra le due grandi capitali del Centro e del Sud, polo di attrazione per molti artisti lombardi fin dal Quattrocento; molto articolati si rivelano i movimenti degli artisti, anche stranieri, tra Milano, Roma, Napoli e centri minori del Viceregno; nuova è la ricostruzione completa (poggiata su documenti che si ritenevano perduti) del ruolo che il fondatore dell'Accademia napoletana degli Oziosi, Giovan Battista Manso, ricopre (per volontà esplicita del defunto) nella edificazione del monumento funebre di Giovan Battista Marino. Da Tanzio da Varallo (la cui pala di Pescocostanzo, celebre e misteriosa, viene svelata e restituita alle sue due anime, lombarda e napoletana), a Massimo Stanzione, ai cantieri della grande decorazione e della scultura funebre a Napoli il quadro ricostruito è anche una problematica e ponderosa introduzione a Salvator Rosa, protagonista del secondo tomo dell'opera.