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Nel 1979, viene maturata da un'artista, da un sacerdote e da una comunità di "committenti" l'idea di lasciare nella chiesa di Vincigliata, presso Fiesole, un "segno". Un segno del nostro esistere come uomini e donne contemporanei, un "segno" nel senso antico della parola, come lo erano le cattedrali, gli affreschi e le altre opere d'arte medievali e rinascimentali. In un'epoca in cui i segni lasciati dall'uomo sono negativi e spaventosi: "muri diroccati di Hiroshima o, solitarie nel silenzio dei morti, le ciminiere di Mathausen, di Treblinka, di tutti i campi di sterminio" o effimeri come "case mal costruite, monumenti a dei traballanti, stadi pericolanti o autostrade in eterno 'pronto soccorso'", si vuol lasciare finalmente un segno positivo anche di noi esseri umani contemporanei, un segno in cui "l'uomo esprima la parte divina del suo 'essere'". "Un 'segno nostro', di uomini che non hanno soltanto costruito missili o sparso diossina, ma che, nipoti non degeneri di Donatello e Michelangelo, hanno creduto ancora alla bellezza eterna dello spirito, fissata su docile materia". Sarà così che nascerà, per mano di Amalia Ciardi Dupré e per volontà di don Giuseppe Pesci, l'abside della chiesa di Santa Maria e San Lorenzo a Vincigliata con la sua "Bibbia dei poveri", opera straordinaria per valore e mole che rinnova il grido che Keats innalzò nella sua Ode all'urna greca: "Bellezza è verità, verità bellezza".