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Nella società postmoderna la città perde il contatto con la realtà, si derealizza e complice è il divenire continuo dei linguaggi e il loro autogenerarsi. L'architettura stessa perciò non rappresenta la realtà, ma la ripete attraverso la Tecnica. Il segno dell'epoca classica è morto. Nella Città dei Simulacri si formano nuovi codici e segni che determinano altre relazioni. Diversamente con il pensiero postmoderno. Deleuze afferma che è necessario andare verso il "nuovo" che si attua attraversa la ripetizione, che è movimento e non più rappresentazione. La ripetizione cioè permette di raggiungere la vera artisticità dell'atto creativo, ossia la volontà che si libera del tutto, facendo della ripetizione, l'oggetto stesso del valere. Ricercare un valore di autenticità nella Città del Simulacri, non ha quindi più senso perché non troviamo più dove la tradizione l'avrebbe collocata e questo aspetto diventa insignificante. La città oggi vive la contraddizione di un mondo che si relaziona più sull'Immagine, sull'apparire che non sui rapporti reali tra uomo e spazio abitato. La "bigness", la metropoli dilata i suoi spazi urbani li rende indefiniti, al punto da non comprenderne più il confine. Progettare un edificio a Firenze, città del bello in un epoca di assenza dei fondamenti, significa "arretrare" per capire la connessione tra pensiero, uomo ed essere.