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Dopo "Racconti di qui", Davide Vargas torna a dipingere con parole e pennellate di caffè lo spazio urbano, alla ricerca del segno smarrito che sembra richiedere disperatamente di essere ritrovato. Annegate tra folle di passanti distratti, rumori e fumi di automobili, centri commerciali e scheletri di cemento, o semplicemente indifferenze, le orme di architettura resistono nella propria tenace testimonianza di valori umani. Parlano a chi sa ascoltare. E nello scambio di parole non dette, vuoti che lasciano spazio a sconosciute possibilità, ci si ritrova e ci si riconosce. Sedici quadri d'autore a raccontare un luogo che racchiude in sé più luoghi, che cambia fisionomia come "una bolla di spazio che si dilata all'occorrenza".