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Più che il racconto d'una infanzia innocente, d'una adolescenza violentata e di una giovinezza infelice, questo è un libro di espiazione e redenzione, il libro di un'anima ferita e di una coscienza incapace di perdonarsi. In ogni riga si sente il tormento, il bisogno di dire di sé tutta la verità, anche la più infamante, perché tutto va detto e tutto va registrato se si vuole arrivare alla resa dei conti. Ma questo è anche un libro con una sua poesia nascosta che affiora quasi all'insaputa dell'autore e racconta del tempo ormai perduto, quando col nonno, lui bambino, andava in visita alla villa padronale portando il tributo dovuto al padrone, descrive i suoni, i rumori e i colori della campagna e i ricordi di un Veneto agreste non ancora travolto dalla modernità e dalla smania di arricchirsi e la vita del contadino non ancora trasformato in padroncino. Ed è ancora un libro di realismo aspro e crudele, che non nasconde nulla e nulla abbellisce dei rapporti etero e omosessuali e dei loro risvolti, anche quelli più scabrosi e violenti subiti da bambino.