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"Nell'opera di Claudio Magris come nella sua vita si incontra la bistrattata virtù della modestia, presente in lui quale fondamento dell'etica. Una piena disponibilità nei confronti del mondo - dagli spiriti alti alle persone più umili - vissuta con quel partecipe distacco che ciascuno di essi illumina in una sua inconfondibile aura, solenne o grottesca che sia. E questo fondamentale ossimoro dei grandi - partecipe distacco - non mi pare l'abbia mai abbandonato nemmeno, come vedremo, negli attimi di profonda crisi. Ma si tratta di una moralità "naturale"? Già, poiché la visione morale del mondo di Magris non inclina al vezzo, nemmeno quando, più immorali di lui, saremmo tentati di crederlo. È un'attitudine in cui si intrecciano ricordi e passioni, dubbi e svolte, ironia e tragedia - e soprattutto il senso della vita in tutta la sua miracolosa ricchezza, vissuta e scritta come tributo intellettuale e morale alla dignità umana - senza la faticosa smentita dell'ostentazione. Magris ci ha narrato la straordinaria forza morale che tiene insieme l'esistenza. Quella, per intenderci, che sovrintende all'armonia fra unità e caos, fra grandezza e meschinità, fra luce e ombra, fra Tolstoi e Kafka, fra epica e nichilismo, fra l'Impero absburgico e il suo crollo, in una parola, il dispiegarsi della misteriosa avventura umana." (Marco Alloni)