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«I murales rappresentano per me la speranza di un'arte ormai prigioniera delle convenzioni e della massificazione. Un'arte annebbiata dall'appiattimento e dal predominio di mostre mercato con l'A maiuscola (gestite esclusivamente da mercanti) e dalle manifestazioni minori che le scimmiottano. I murales potrebbero e dovrebbero essere il manifesto con cui l'essere umano dialoga con la propria anima mostrandola a un pubblico attento al cambiamento dei tempi. Un tripudio di colori volto ad allietare il cuore e la mente di chi abita città sempre più inclini alla spersonalizzazione dell'individuo [...]. Abbiamo dato visibilità agli artisti più conosciuti e a quelli che lo sono un po' meno e, in qualche caso, anche a quelli sconosciuti: poiché ognuno di essi si è adoperato secondo le proprie capacità e inventive. L'arte, però, non sempre è ciò che vorremmo che fosse: questa è la ragione per cui non condivido il pensiero di chi professa che le "tag" selvagge su qualunque tipo di muro siano motivo di orgoglio. Edifici vecchi e nuovi sono presi d'assalto e vengono ricoperti di scritte che, comprensibili o meno, deturpano il lavoro di architetti che, vogliamo ricordare artisti anch'essi, hanno operato per il bene della comunità e che in moltissimi casi sono stati promotori di una realtà artistica nonché storica.» (dall'introduzione di Roberto Cortese)