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La figura degli agenti a Roma per promuovere casi presso la Sede Apostolica è apparsa finora solo in pubblicazioni relative alla prima età moderna e moderna. Grazie ad esse sappiamo che rappresentavano gli interessi di diverse entità ecclesiastiche: diocesi, capitoli cattedrali, monasteri, priorati, chierici. Inoltre rispondevano agli interessi dei loro sovrani e trasmettevano a questi, come agli ecclesiastici di cui sopra, notizie dal centro della cristianità. Alcuni risiedevano stabilmente a Roma, altri vi rimanevano fino al compimento dell'incarico assegnatogli. Armati solitamente di una buona conoscenza del diritto canonico e di una certa fluenza in latino e italiano, nonché di ottime capacità retoriche, dovevano far passare il caso affidatogli attraverso il labirinto della burocrazia papale. Come è cambiato questo ruolo nel XVIII-XX secolo? Gli agenti hanno allora continuato ad avere una funzione cruciale nei rapporti con la Curia Romana, rappresentando gli interessi di comunità e personalità ecclesiastiche e raccogliendo informazioni per queste e per il proprio Stato, oppure il loro lavoro è diventato del tutto invisibile, ripetitivo e amministrativo? Hanno continuato a risiedere nella Città eterna oppure hanno agito da e in altre città pontificie. Inoltre l'attività romana o italiana è stata solo un episodio della loro biografia oppure hanno svolto regolarmente questa funzione, trasformandola in un vero e proprio lavoro trasmesso in famiglia per più generazioni? Qualcuno di loro è riuscito a costruirsi una carriera in patria o a Roma e ha utilizzato a tal scopo la rete di relazioni forgiate come agente? Questo secondo volume della ricerca italo-ungherese sugli agenti cerca di rispondere alle questioni delle righe precedenti e a definire l'attività degli agenti in Curia durante i secoli più recenti.