Tab Article
"La città, la morte, il padre: inseguita da questi tre fantasmi, la poesia di Stefano Raimondi trova il suo battesimo. [...] qui emerge pienamente il tono inconfondibile della sua scrittura. Ritrovarlo oggi, a distanza di quasi vent'anni, è un'occasione felice per tornare ancora una volta a immergersi in questo libro insieme oscuro e luminoso, fatto di ritorni ossessivi e grandi architetture. La città dell'orto è un libro che continua a essere poroso, pieno di intercapedini, pronto a sorprendere il lettore per la sua rigorosa disposizione orizzontale. È come se le continue immagini di piazze e strade e parchi pubblici disseminate ovunque fra le pagine abbiano il potere di diventare, da oggetti rappresentati, modi per abitare questo libro, che chiede di essere attraversato e perlustrato anche nell'oscurità delle sue darsene e negli scorci intravisti da dietro una porta socchiusa, lì dove ogni attimo ha «il peso di un foglio girato». Due sono gli elementi fra loro connessi che hanno contribuito a fare de La città dell'orto un piccolo classico della poesia dei primi anni Duemila: da un lato l'evocativa stratificazione di doppi su cui è costruito, dall'altro il loro dipanarsi quasi narrativo, che ci lascia vivere un'esperienza di lettura immersiva, tutta d'un fiato." (dalla prefazione di Tommaso Di Dio) Postfazione di Umberto Fiori.