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"Questo poema è mistico poiché svolto nella sfera della fede, ma confido che possa penetrare anche nel vissuto di chi questo dono non lo ha ottenuto... non ancora. Non è un Cantico delle Creature, non è un inno alla gioia, non è una risposta al dolore e al quotidiano conflitto fra il voler vivere sereni e il non poterlo fare. Conosco religiosi che hanno il dono, oltre che quello della fede senza rigidità e senza tormenti e cadute, di accogliere la vita come ci è stata data, di percorrere il sentiero che ci è stato concesso di scegliere, con la fronte rivolta alla luce, al Creatore, in intimità e confidenza con Lui, donando a chi li avvicina un senso di pace e pacata umiltà. Non è così per tutti, no, non lo è. A volte lo interpelliamo, il Signore, con preghiere e richieste, poi con suppliche e desolazione, e non di rado il nostro pensiero e anche le nostre parole sono dirette a sollecitarlo, a richiamarlo, a chiedergli conto, persino a rimproverarlo, come figli negletti, o addirittura dimenticati. Non sappiamo quanto Dio soffra in questo momento, in cui tutta l'umanità pare gemere ed oltre il limite delle doglie di un parto (san Paolo), ma quello che mi ha dettato il mio spirito è che Egli soffra, che ci sia compagno, che non ci perde di vista e che aspetta qualcosa da noi." Alda Cicognani