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Che bel poemetto, Giorgio! Soffuso e denso, visionario eppure quasi tattile... Ange è il nome del tuo gatto, vero? Che chiaramente ti diventa rifrangenza d'anima, quasi il conforto e l'ausilio onirico di un angelo custode, di uno specchio assoluto d'intimità, desiderio e sogno - ma anche guizzo etico del quotidiano, nome o meglio afflato stesso della poesia. Ange così diventa il nome stesso della tua poesia, tra zampette e vibrisse, sguardo totale (felino) e orizzonte caparbio di pace, sorvolo disperatamente armonioso. Ecco, tu riscatti, suturi questo nulla che non ci appartiene ma ci pretende, ci contamina, come un chirurgo ricuce una ferita, le ridona i confini del sangue e della pelle, delle fibre e dei nervi, dei tessuti non meno invisibili d'anima che i suoi stanchi estenuati muscoli...