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Il De vita beata è un dialogo apologetico che Seneca scrisse per difendersi dalle accuse di incoerenza che gli erano state rivolte. "Aliter loqueris, aliter vivis", lo apostrofa l'interlocutore immaginato nel dialogo: "dici una cosa, ne fai un'altra". Seneca non nega le sue colpe, ma controbatte che nei suoi scritti parla in generale della virtù, non della propria vita personale. Lui si definisce infatti un semplice aspirante alla saggezza (adsectator sapientiae): "non sum sapiens [...] nec ero", cioè "non sono un saggio, né lo sarò"; non ritiene quindi di appartenere alla categoria dei "sapientes", gli unici che hanno raggiunto la virtù. Afferma inoltre che il conseguimento della virtù è uno dei mezzi per giungere alla felicità; la virtù è dunque un valore da ricercare ed esercitare.