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Il tono e l'atmosfera che attraversa questo nuovo libro di Mia Lecomte è proprio di una poetica in re: la poesia parte dalle cose nei testi per inoltrarsi poi in uno scavo che riveli il senso. Poesia, dunque, che rifuggendo dalla mimesi e dalla visionarietà, così come dal lirismo consueto centrato sulle vicende intime dell'io, segue un'altra via che si richiama a una precisa tradizione che, in parte è ricollegabile al nome magistrale di Antonio Porta. La ricerca di Mia Lecomte ha infatti il suo perno "perforante" nella lingua mobile e vibrante, tesa fra un'epicità quasi da salmo e modalità pseudoscientifiche, sempre però attraversate da una tensione che, emozionalmente, empateticamente, aderendo alle cose del mondo, scava nel dato oggettivo, per darne una lettura espressionista, però sempre misurata nei toni, controllata nelle scelte. Quella di Mia è poesia della soglia, in bilico tra pathos e distanza, sorta di controcanto dell'esistenza. (Nota critica di Gabriela Fantato)