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Il quadro di Schiele che riproduciamo in copertina rappresenta un uomo e una donna nudi in procinto di abbracciarsi. Sono due creature prigioniere del proprio corpo e dal quale tentano di distillare, un po' goffamente, una goccia di piacere. Ma allo stesso tempo quell'involucro accidentale di carne in cui sono stati gettati, e che verrà gettato via con la morte, è una sorta di geroglifico che testimonia l'infinita e profonda necessità alla radice di ogni esistenza. Schiele, in questo come in tutti i suoi dipinti, e come in tempi più vicini a noi farà Francis Bacon, sembra voglia trarre dalla miseria e fragilità del corpo umano la sensazione struggente e tenera di una carne abitata dalla coincidentia oppositorum del piacere e della morte. Non come momenti separati, ma compresenti nella forma stessa del corpo e nella sua accidentalità. Ed è questo geroglifico che si sono piegati a interrogare i saggisti presenti in questo volume, tentando di fondare un provvisorio sapere della carne che tenesse congiunti poeticamente il corpo vivente e la carogna, da cui, dice in una poesia Baudelaire, "attraverso la dissoluzione viene restituita in modo centuplicato alla grande Natura tout ce quensemble elleavaitjoint". Secondo Rainer Maria Rilke, commentatore di questi versi nel Malte, è questo "l'Essere che vale fra tutto l'Essere" e da cui si sprigiona l'essenza stessa della poesia.