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Nelle quindici litografie di Norah Borges, amatissima sorella del grande scrittore argentino, "dimenticate" per anni tra le carte di uno stampatore milanese, rivivono i paradisi perduti di una fanciullezza tenera e sognante che ha lasciato ad entrambi un'eredità di affetti e complicità sopravvissuti fino all'età adulta. Il grande scrittore argentino, nella prefazione, ricorda i giochi ("in tutti i nostri giochi, era sempre il capo") e le letture condivisi ("leggevamo insieme le "ficciones" di Wells, di Verne, delle Mille e una notte") e tratteggia un "elogio" della sorella da cui traspare tutta la stima e l'ammirazione per una donna che, finita in carcere durante una delle tante dittature argentine, "approfittava dell'obbligato ozio per insegnare disegno alle compagne di carcere, che erano donne di strada". A chiudere il libro c'è il resoconto della visita di Domenico Porzio a Borges nella sua casa di Maipú, dove lo scrittore ormai cieco lo riceve sorridente ed elegante aprendogli non solo le porte di una biblioteca che occupa anche la stanza da letto, ma soprattutto quelle di una memoria meravigliosa e commovente che attraversa gran parte del secolo scorso.