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"Pipi Carrara era uno scultore anomalo, non foss'altro che per quei lunghi anni di vita solitaria in cui in modo determinato aveva allontanato dalla sua mente ogni occasione di presentare in pubblico le sue opere. Aveva superato i cinquant'anni quando io cominciai a frequentarlo negli anni ottanta, ed era nel pieno della sua creatività, ma la distanza dal mercato e dalla critica appariva già una sua scelta definitiva, una decisione presa serenamente ma in modo irremovibile. Non lo sfioravano certo quelle oscillazioni del gusto e delle mode che guidavano le intelligenze critiche di allora. Null'altro sembrava coinvolgerlo che non fosse l'approfondire le cause generative e le ragioni formali dell'opera che andava realizzando: non esisteva per lui altro mondo se non quello delle immagini che uscivano dalle sue mani. Mentre le sue parole dolci e pacate riuscivano a trascinarci attoniti nella magia del suo lavoro. Ancora, se penso a lui, mi piace ricordarne il sorriso, quasi infantile, ammaliato e felice nel mostrarti come far nascere una forma con pochi elementari strumenti. Solo il lavoro sembrava dare a Pipi Carrara quella felicità che traspariva dal brillare dei suoi occhi."