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"Nonostante quel che dicono i filosofi, i letterati e i critici, la poesia resta un mistero. Si può a volte descriverla dopo averla incontrata, si può preferire un poeta piuttosto che un altro, ci si può anche commuovere per la poesia, ma è questione tra le più insolubili capire donde venga e a chi tocchi. Più certa, invece, è la possibilità di avvertirne la presenza perché, per i pochi che ancora la riconoscono, resta l'inconfondibile profumo di ambrosia del suo passaggio. Carlo Dal Lago è un poeta. Lo è stato quando guardava sorridente e ironico le cose che gli venivano incontro, uno stato di grazia capace, da solo, di far nascere la poesia. Quando accade, la quotidianità lascia in secondo piano abitudini e riti per scoprire l'inedito, il nuovo, l'insolito. E la lingua si lascia piegare facilmente dai poeti, prestandosi al gioco degli scambi, ai calembours, alle rime baciate, alle onomatopee, alla scioltezza dell'endecasillabo, all'eleganza del settenario. Così si divertiva Carlo, un funambolo della parola." (Fabrizio Persico)