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Il Piccio è riconosciuto per la statura del creativo quanto per la fascinazione del personaggio, incarnando egli lo stereotipo romantico anche quando venga opportunamente liberato dai tratti leggendari conferitigli dalla letteratura già all'indomani della tragica scomparsa. In realtà, l'artista vissuto in Lombardia si pone ai vertici della pittura italiana tra l'età della Restaurazione e la stagione inaugurale dell'Unità nazionale. Spetta a lui, in tale ambito, il primo posto in quanto ad anticipazioni sulla rivoluzione linguistica della seconda metà del secolo. Riagganciandosi a fasi più antiche della tradizione padana, seguendo la propria geniale intuizione e forte di una regolare formazione accademica conseguita a Bergamo sotto Giuseppe Diotti, il pittore avanzò, non si sa quanto consapevolmente, in parallelo con le contemporanee ricerche della scienza ottica e mise a punto un modo originale di rendere la vibrazione cromatico-luminosa della realtà. Al contempo, lavorò intorno a pensieri visivi destinati allo sbocco nelle venture poetiche del Simbolismo, scavalcando, se non per qualche sporadica tangenza, l'Impressionismo.