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Pubblicata nel 1642, costituisce una delle massime espressioni del Barocco e un punto di passaggio fondamentale della cultura moderna. Il ribelle gesuita elabora infatti un nuovo sistema del pensiero e del linguaggio, e più in generale della comunicazione e della prassi, che, relegato ai margini dalla cultura illuministica e romantica (da Voltaire fino a Benedetto Croce), è ritornato di attualità nell'epoca postmoderna, divenendo un vivo fermento per la meditazione contemporanea sull'arte, sul linguaggio e sulla poesia. Lasciata la sponda della retorica tradizionale e delle precettistiche dell'epoca, "L'acutezza e l'arte dell'ingegno" si avventura nell'impresa di codificare una "teoria nuova di zecca" che permetta di addentrarsi nella selva degli autori antichi e moderni.