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"Un'estetica del brutto? E perché no?". Con queste parole ha inizio l'opera fondamentale del filosofo tedesco Karl Rosenkranz. Se il bello, nella prospettiva del "maestro" Hegel, appare come una manifestazione sensibile dell'idea e della sua libertà, il brutto si presenta come ciò che nega o limita tale libertà attraverso l'asimmetria, l'assenza di forma, la deformità e lo sfiguramento. Il brutto come dimensione intermedia tra bello e comico trova il suo compimento nella figura del satanico. Rosenkranz opera così una straordinaria fenomenologia del diabolico, dove alla riprovazione etica si sovrappone un gusto descrittivo per tutto ciò che, pur esteticamente ripugnante, è tuttavia meritevole di attenzione estetica. L'intuizione di questo saggio non risiede solamente nell'indagare gli aspetti "brutti" dell'arte che caratterizzano gran parte della nostra contemporaneità, ma anche nella messa in discussione del destino stesso dell'estetica: dopo di esso, estetico e bello non possono più coincidere con la medesima armonia, e l'estetica stessa, oltre a non presentarsi come teoria del bello o delle belle arti, apre un inquietante sguardo verso ambigui e multiformi aspetti del reale.