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Per decenni e fino a tempi recenti, la Svizzera ha sottoposto a «misure coercitive a scopo assistenziale» decine - forse centinaia - di migliaia di persone. Tra queste, bambini collocati in istituto o dati in adozione senza il consenso dei genitori, emarginati rinchiusi in strutture a regime carcerario senza regolare processo, donne sottoposte a sterilizzazioni coatte. Solo di recente la Svizzera - che ospita il Consiglio per i diritti umani dell'ONU - ha riconosciuto la gravità di questi atti che fino al 1981 hanno segnato la vita di tantissime persone, e ha avviato un serio processo di «riparazione» nei confronti delle vittime. La prima volta che Sergio Devecchi ha parlato di sé come di un ex bambino internato lo ha fatto durante il convegno organizzato in occasione del suo pensionamento, giunto dopo anni di lavoro come direttore di istituto. Già. Perché Sergio Devecchi, che è stato strappato alla madre quando aveva solo dieci giorni in quanto figlio illegittimo e che ha trascorso più di sedici anni in diversi istituti, ha dedicato poi gran parte della propria vita a educare bambini e giovani in difficoltà lavorando con passione per cambiare il sistema dei collocamenti. Oggi si impegna attivamente a sostegno delle vittime degli internamenti, perché quel processo finalmente avviato di rielaborazione della memoria collettiva non si arresti e, facendo piena luce sul passato, ci aiuti a non ripetere gli stessi errori.