Tab Article
"Per i geografi di lingua italiana iniziatisi al mestiere tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, e per quelli arrivati dopo, Eugenio Turri ha sempre e anzitutto significato libertà, cioè indipendenza dai vincoli accademici, dunque autonomia di giudizio e d'indirizzi di ricerca. Il che faceva di lui, proprio in quanto esterno rispetto alla corporazione, una delle figure più autorevoli, seguite e in qualche maniera invidiate: non vi era allora nessun altro, tantomeno tra coloro che provenivano come Eugenio da una formazione cartografica o naturalistica, in grado di mobilitare nel proprio discorso l'ampiezza dei riferimenti critico-umanistici (da Lévi-Strauss a Eco, da Edgar Morin a Cesare Brandi, da Merleau-Ponty a McLuhan a Elemire Zolla) che ad Eugenio riuscivano invece affini e conigeniali, ma che il controllo disciplinare interno all'università provvedeva allora ad espungere accuratamente. Sicché prima e più di ogni altro sono allievi suoi, molti senza saperlo e comunque paradossalmente, tutti i giovani geografi che oggi mettono a frutto nelle diverse direzioni la più grande libertà di linguaggio, procedendo a quel rinnovamento del discorso geografico e delle relazioni della geografia con gli altri saperi che fin dall'inizio ad Eugenio Turi più di ogni altra cosa è stato a cuore." (Franco Farinelli). I testi presentati in questo volume propongono un primo sguardo sul lavoro e sulla vita da geografo di Eugenio Turri.