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"Il libro dell'estinzione nella contemplazione" è uno dei numerosi trattati brevi di Ibn 'Arabi, "il più grande Maestro" sufi (nato nel 1165 a Murcia, in Spagna, e morto nel 1240 a Damasco), che si situano spesso ai margini delle sue opere maggiori. Tesi fondamentale del trattato è che la Realtà Essenziale divina, la meta della Via della conoscenza metafisica, può essere contemplata soltanto attraverso una realizzazione che è, da una parte, estinzione di quanto nell'essere o nell'occhio contemplante vi è di contingente e relativo, e dall'altra permanenza di quanto vi è in esso di assoluto e necessario. Quello che viene meno è per definizione caduco e in via di estinzione da sempre, ciò che permane è immutabilmente identico dall'eternità. La sola Visione appare come nuova all'occhio contemplante, ed essa è l'attributo proprio di quel vertice della realizzazione metafìsica che vien detto "Stazione della Quiete e della Sussistenza Immutabile". La Via per giungervi è esoterica: solo gli iniziati, i Conoscenti, potranno attingere la Visione Suprema, conseguente all'Estinzione metafisica e coincidente con il Levarsi del Sole essenziale. Postfazione e note di Michel Valsan.