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All'amico Hugo von Hofmannsthal, che nel 1903 gli rimproverava di aver scritto "un libro così arido e angoscioso", Schnitzler aveva replicato che esso risaliva al periodo in cui il suo interesse era rivolto "più al caso in sé che agli uomini". Ma al di là della effettiva crudezza del tema - la descrizione clinicamente precisa degli ultimi mesi di vita di un malato di tisi - Schnitzler mostra in questa novella le sue qualità di narratore. La novità del testo consiste nell'analisi parallela della trasformazione interiore dei protagonisti: Felix, il prototipo dell'eroe negativo schnitzleriano, borghese ipersensibile, raffinato e oppresso dall'angoscia della fine, e Maria, "dolce fanciulla" del popolo, passionale e pronta al sacrificio, ma non sino al punto da annullare la propria istintuale volontà di vita. La storia d'amore si evolve in un vero e proprio conflitto esistenziale. L'amore infatti è solo una delle componenti della tormentata vicenda psicologica dei due personaggi ed è, come loro, sottoposto a un processo di graduale svilimento, fino a risultare smitizzato del tutto nel momento in cui, identificandosi con la vita, esso arretra di fronte alla tragica e ineluttabile evidenza della morte.