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"Con "Il libro della sovversione non sospetta" Jabès rimedita l'avventura stessa della scrittura. Il Libro, sola patria dell'ebreo, qui prende forma nel momento in cui scompare, come una traccia intravista sotto la sabbia. Scrivere è riconoscere il silenzio come ritmo della parola, la solitudine come orizzonte del dialogo, l'oblio - figura costitutiva del tempo e della memoria - come sorgente del pensiero. Scrivere è lasciare che l'impensato sfidi il pensiero e lo sovverta. La sovversione di cui si parla è l'atto stesso della scrittura, inteso come cammino tra le immagini provenienti da altri libri e dal primo libro, il Libro sacro, che è il libro perduto, il libro mai compiuto." (Antonio Prete)