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La narrativa cubana del XIX secolo, generalmente ricondotta al corpus antischiavista, riserva opere dalla straordinaria trascendenza: romanzi come "Autobiografía de un esclavo" di Juan Francisco Manzano e "Cecilia Valdés" di Cirilo Villaverde rappresentano e, insieme, problematizzano il processo di costruzione e di consolidamento del corpo sociale dell'Isola. Costituiscono, inoltre, una felice piattaforma interpretativa per la riflessione sui dispositivi di filiazione narrativa e sui meccanismi di moltiplicazione testuale. Centrali per l'elaborazione dell'immaginario del negro nel discorso letterario, si irradiano all'interno di successive riformulazioni che accompagnano il lento delinearsi di un'identità disseminata nella molteplicità delle sue componenti etniche e culturali. Le proteiformi figure dello schiavo e della mulatta, elaborate a partire da tali nobili antecedenti, si rincorrono per un intero secolo, ergendosi a simulacro dell'essenza nazionale (e meticcia).