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Dice Wittgenstein che le proposizioni filosofiche sono illustrazioni; o anche immagini logiche degli stati di cose che incontriamo nel mondo. In altri termini: illustrazioni del mondo reale e possibile. Ma il problema è come possano esserlo. Che cosa accomuna una parola come bastimento, i suoni della voce, i tratti di penna della parola scritta, il disegno di un bastimento e l'immagine che si disegna nella nostra mente? Su questi enigmi si interroga il Tractatus logico-philosophicus, ripercorrendo il problema fondamentale della filosofia. Nei termini di Parmenide: come accade che essere e pensare siano il medesimo? Quale immagine contiene il logos, così da rendere efficaci le nostre parole e i nostri pensieri sulla realtà? Sull'enigma dell'immagine si interroga il testo, prendendo sul serio le metafore wittgensteiniane e proponendo un percorso di figure del mondo, che si presenta come un ideale abbecedario o testo elementare dei fondamenti primi della filosofia. Il lettore è così sollecitato a una personale lettura interpretativa e, per così dire, esecutiva delle componenti grafiche e iconiche delle tavole, atta a risvegliare in lui l'esercizio effettivo del pensare filosofico. Di ciò di cui non si può parlare, concluse Wittgenstein nel Tractatus, bisogna tacere. Il percorso logico-figurativo di questi fogli esibisce un ulteriore e forse più profondo senso di questo motto. Si potrebbe esprimerlo così: ciò che la parola, orlo del linguaggio, non può dire, lo si deve scrivere.