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La fame dei desideri, l'assenza continua di una pienezza ontologica, spinge in modo compensativo molti alla fame di cose, di un tempo vuoto, ripetitivo e riproduttivo da colmare con spazi ingombri di materia. La fame denuncia un'assenza, è la perversione di una fame di giustizia ed autenticità resa perversa dall'impazzimento razionale della crematistica. Il compito che spetta alla filosofia, come afferma Ernst Bloch, è ridare speranza, reintrodurre con la speranza l'utopia e dunque trasformare la fame delle cose in una spinta trasformatrice collettiva della storia. La storia non è terminata e l'impensabile è nel presente, sbiluccica nei malesseri dell'umanità ricca come in quella deprivata di tutto: il futuro non è fatalità, ma sistema aperto che attende tutti. L'impegno è restituire dinamicità alla storia e con essa reintrodurre la categoria della speranza non come attesa messianica ma come attività progettante radicata nell'attualità.